Mercuzio e altre utopie realizzate. Il teatro della Compagnia della Fortezza

Questo spettacolo è fuori catalogo


Carte Blanche-Centro Nazionale Teatro e Carcere | Compagnia della Fortezza

MERCUZIO E ALTRE UTOPIE REALIZZATE Il teatro della Compagnia della Fortezza

con Armando Punzo - regista e fondatore della Compagnia

Aniello Arena - attore della Compagnia

Andrea Salvadori - autore ed esecutore al piano delle musiche di scena coordina la serata

Rossella Menna - dramaturg e curatrice teatrale

 

Mercuzio e altre utopie realizzate è un incontro ravvicinato, una esperienza, uno spettacolo a luci accese, un dialogo serrato tra pensiero e immagine; è il racconto straordinario della storia della Compagnia della Fortezza, una realtà teatrale e artistica unica nel suo genere, riconosciuta a livello internazionale, che sotto la direzione di Armando Punzo ha totalmente rivoluzionato il carcere di Volterra trasformandolo da Istituto di Pena in Istituto di Cultura. Attraverso parole, frammenti di spettacoli, video e musiche di scena, Armando Punzo conduce il pubblico in un viaggio speciale, una esplorazione privilegiata nell'immaginario visionario della compagnia, riproponendo video degli spettacoli di maggiore successo, delle prove, di documentari storici, degli incontri, riattraversando le atmosfere, le difficoltà del lavoro quotidiano, le intuizioni, le colonne sonore, i premi vinti. Ad accompagnare il regista in questo viaggio, Andrea Salvadori, compositore ed esecutore delle musiche di scena, che esegue dal vivo, al pianoforte, partiture dalle colonne sonore degli spettacoli, e l'attore della Compagnia Aniello Arena, il quale interpreta alcuni dei personaggi storici che lo hanno reso celebre. Il pubblico viene a sua volta coinvolto attivamente nello spettacolo, attraverso momenti di interazione performativa, o con dibatti che si producono spontaneamente. Ciascun evento rappresenta dunque un unicum, e una occasione diversa di fruizione, scoperta e approfondimento. ------------------------------------------------ Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza Ci sarebbe da non crederci, se non fosse tutto vero: c'è chi fa di tutto pur di entrare in carcere. No, non è uno scherzo: è la pura verità. Accade in Italia, a Volterra per la precisione, città toscana le cui origini affondano nell'epoca etrusca. E' qui che l'impossibile si fa realtà. Tutto merito della Compagnia della Fortezza, compagnia teatrale dei detenuti-attori della Casa di Reclusione di Volterra e della lucida "follia" del regista e drammaturgo Armando Punzo, fondatore della compagnia e ancora oggi al timone di questo incredibile gruppo. Sono passati ventinove anni da quando Punzo si è detto: "Perché no?". La necessità di avere a disposizione tutto il tempo che si vuole per dedicarsi al teatro; la voglia di ricreare una nuova idea di teatro con chi in un teatro neppure ci aveva mai messo piede. "Teatro": averlo subito, lì ed allora. Quel "lì" era il carcere di Volterra, quell' "allora" il 1988. Punzo entra in carcere per condurre un breve laboratorio teatrale. Ritrova in esso il sud del mondo. Rimane folgorato e non va più via. Comincia così una lunga storia di passione teatrale fatta di momenti entusiasmanti, di sfrenata creatività e rigorosa ricerca ma costellata da difficoltà e ostacoli in apparenza insormontabili, che solo la tenacia, la caparbietà e l'assoluta e quotidiana dedizione di Punzo riescono giorno dopo giorno ad abbattere. È così che ha avuto inizio ventinove anni fa l'avventura di Punzo in carcere con la Compagnia della Fortezza. C'era ben poco da scommettere: un carcere tra i più duri d'Italia, nell'isolamento di Volterra e nell'invivibilità del quotidiano per via dei continui episodi di violenza tra i detenuti. Un carcere come tanti altri allora, come tanti altri nell'immaginario dell'uomo qualunque. Che senso poteva avere fare teatro in un luogo così lontano da ogni prospettiva culturale, che pretesa quella di lavorare con gente che aveva ben altri immaginari sociali e prospettive. Semplice: capovolgere completamente la prospettiva. Sovvertire gli schemi precostituiti. Perché non usare il periodo di detenzione per qualcosa di diverso, di altro? Perché non credere che quegli uomini, considerati dai più solo dei criminali incalliti, potessero essere altro? Una trasformazione ideale, quindi, partire dai rifiuti e dai margini della società per ottenere da essi prodotti di alta qualità. Una sfida estrema, certo, in cui si lanciarono Armando Punzo, l'allora illuminato direttore del carcere Renzo Graziani e gli agenti di polizia penitenziaria del carcere (prima contrari e dubbiosi e poi col tempo divenuti i più strenui sostenitori) e che oggi è già storia: più di trenta spettacoli in quasi trent'anni di vita; migliaia di persone che ogni anno chiedono di poter assistere alle repliche estive degli spettacoli in carcere (durante il Festival VolterraTeatro); dal 2004 anni la possibilità di circuitare (grazie all'applicazione dell'art.21 dell'Ordinamento Penitenziario) nei maggiori teatri, festival e rassegne di tutta Italia e soprattutto il sostegno e la stima da parte della stampa e del mondo della cultura internazionale. Ma qual è la chiave del successo per una compagnia che in uno spazio improbabile - una ex-cella di tre metri per nove riconvertita in teatro - vede incontrarsi ogni giorno dalle venti alle cinquanta persone che leggono, discutono, elaborano, progettano, provano, costruiscono? Si tratta solo di fascino indiscreto per la condizione degli uomini reclusi? Un improvviso attacco di buonismo per espiare l'amoralità di tutti i giorni? Del desiderio di rendere più umane le carceri? No, c'è dell'altro: è la grandezza e la condivisione dell'idea di poter essere altro, di poter fare altro. Mettersi alla prova per ricercare se stessi ed una nuova identità culturale e personale. E il teatro si è dimostrato essere la sponda perfetta per questo bisogno, nemmeno tanto latente. Via tutto il superfluo, per riscoprirne ogni volta, ogni giorno, la funzione originaria, scoprendo un linguaggio nuovo, che si nutre di fatti concreti della vita. Anche le difficoltà, le resistenze, i pregiudizi hanno aiutato ad ampliare l’obiettivo dalla ricerca puramente formale, per arrivare all’individuo, all’uomo e alle sue motivazioni, all’incontro con l’altro. Per Armando Punzo, paradossalmente, il carcere è diventato il luogo dove reinventare il teatro e restituirgli necessità. Pareva impossibile far nascere un teatro dentro quelle mura: l’impossibilità si manifestava concretamente nella struttura, nella funzione, nelle leggi scritte che regolavano e in quelle non dette che abitavano un carcere e la società fuori di esso. E quell’impossibilità non era solo un’idea, era anche una sensazione fisica che si manifestava in chi in quell'avventura cominciava a credere e in chi guardava dall’esterno: si stava palesemente forzando un limite culturale. L'impossibile come scelta, come utopia, come necessità, ma anche come stato o condizione. L’impossibile come attitudine della mente e del corpo attraverso cui spingersi alla ricerca di una propria espressione. Quasi trent'anni fa Punzo ha concepito e battezzato una rivoluzione culturale e sociale: trasformare il carcere in luogo di cultura, e ancora oggi la cavalca senza scendere a patti o a compromessi, fermamente intenzionato a non lasciarsi distrarre da chi è incapace di andare oltre quello che vede con gli occhi e a non lasciarsi tentare da strade più facili. Senza mai accontentarsi di quanto già fatto, senza badare a premi e riconoscimenti, senza cedere alle lusinghe, il carcere di Volterra è rimasta la sua casa, per quello che è un esilio volontario, un ergastolo voluto, una scelta di vita. Con tutte le sue energie, sta oggi lavorando per realizzare un sogno: creare il primo Teatro Stabile in un Carcere. Sogno e necessità, lucida follia e concretizzazione di un'altra impossibilità: quello che da sempre ha segnato la storia di Armando Punzo.




Genere
TEATRO Contemporaneo