L'AUTODAFÉ DEL CAMMINANTE



tratto da Address to the Jury e The Walker di Arturo Giovannitti

testo, scene e regia

Stefano Sabelli

con

Diego Florio

nel ruolo di Arturo Giovannitti 


  • spettacolo patrocinato da FDV Fondazione G. Di Vittorio e CGIL Molise
  • si ringraziano per la collaborazione A.D’Ambrosio e l'Ass. Pro Arturo Giovannitti

  • ESTRATTI DALLE RECENSIONI

LEFT – Un’orazione epidittica e giudiziaria quella di Giovannitti talmente rivoluzionaria, da conquista- re, cent’anni dopo, un pubblico teatrale. Nessun bisogno di immaginare una quarta parete... Nessun confine, tra platea e palcoscenico: Storia o utopia? Passato o futuro? A teatro Giovannitti è attualità

L’UNITÀ Stefano Sabelli “imprigiona” letteralmente il pubblico, per parlare della prigionia e dell’autodifesa di Giovannitti – interpretato con bravura e forza da Diego Florio.

IL BENE COMUNEParola dopo parola, goccia a goccia avvertiamo sempre di più che noi siamo rinchiusi e il prigioniero spazia, è più libero di noi, i ruoli si rovesciano, la gabbia sta chiudendo noi... L’imputato si trasforma in giudice, noi, la giuria, in imputati...

AMERICA OGGIIl Teatro del Loto a NY – Spettacolo da non perdere... il pubblico sta al centro e l’imputato si muove intorno al perimetro delle sbarre della prigione. Un gioco drammatico in cui gli spettatori si sentono trasformati nella giuria popolare... appassionante e coinvolgente. 

 

  • PRESENTAZIONE

Invitato negli USA, per il Centenario del Bread and Roses’s Strike The Walker’s Autodafè è ispirato al caso politico e giudiziario che nel 1912 coinvolse, in Massachusetts, il poeta e sindacalista d’origine molisana, Arturo Giovannitti. Lo spettacolo ripercorre l’epopea poetica e giudiziaria di quel giovane immigrato italiano, fra i più fieri animatori del grande Sciopero tessile di Lawrence che sconvolse l’America in quegli anni.

Con una visione a 360°, gli spettatori entrano in una gabbia che evoca la condizione di reclusione che fu del giovane Arturo assumendo, di fatto, il ruolo di Giuria popolare. Quella stessa Giuria che, il 23 novembre 1912, presso la Salem Courthouse - nota per il famoso Processo alle Streghe del 1692 - fu chiamata a giudicare la straordinaria Autodifesa de... il Bardo della Libertà!

Lo spettacolo è tratto dall’originale Address to the Jury (Appello alla Giuria) e da The Walker (Il Camminante) struggente poemetto a tema carcerario che il giovane Giovannitti compose in inglese nei mesi di reclusione precedenti il Processo che lo vide imputato a seguito dei moti del Bread and Roses’s Strike, di cui fu fervente animatore.

Nei primi giorni di sciopero, infatti, un’operaia tessile d’origine italiana, Anna Lo Pizzo, rimase uccisa durante una delle manifestazioni promosse. Arturo Giovannitti e Joe Ector, suo compagno nel movimento sindacale dei Wobblies, furono accusati quali mandanti dell’omicidio. Rischiavano la sedia elettrica!

Sulla scena, il poeta-sindacalista molisano – nato a Ripabottoni (CB) nel 1884 ed emigrato in America nel 1901 - è visto in uno dei momenti salienti della sua vita: quando, all’età di 29 anni, espose davanti alla Corte di Salem il suo straordinario Appello alla Giuria. Quell’Autodifesa (la prima nella Storia americana di un immigrato, italiano per giunta) pronunciata in eccellente in- glese, fu così appassionante da segnare la Storia di quel Processo, che precedette di dieci anni il caso di Sacco e Vanzetti.

Ricordato come il primo dei grandi Processi americani del XX secolo, rivive in quest’opera teatrale, senza quarta parete e con il contrappunto lirico dei versi di The Walker che irrompono come flashback e intimo flusso di coscienza, scandendo i tempi della colta, vibrante e potente oratoria dell’Appello alla Giuria: un’autentica Autodafé pronunciata per quei valori sociali, umanitari e di fratellanza fra i popoli che scandirono tutta la vita di Arturo Giovannitti.

L’installazione predisposta per il pubblico ricorda un ambiente carcerario. Lo spazio scenico è interamente occu- pato da una gabbia di sbarre arrugginite, al centro della quale si accomodano gli spettatori, con una visione a 360° dell’azione scenica. Sempre intravisto attraverso quel “rosso cancello di ferro”, evocato ne Il Camminante, che ne suggellò la prigionia, Arturo si muove in modo perimetrale rispetto alla gabbia che rinchiude il pubblico che, per empatia, ne rivive e condivide la condizione carceraria. Come pure si fa interprete, lo spettatore, del ruolo di giu- rato, nella ricostruzione teatrale di quel nuovo Processo alla Streghe di cui, sempre a Salem, fu vittima quel fiero e colto italiano, difensore dei lavoratori e degli umili.

Assunto all’epoca, per i fatti che lo coinvolsero, a fama mondiale, quel giovane immigrato molisano divenne nel Nuovo Mondo il Poeta dei lavoratori e figura centrale della Cultura delle Migrazioni. Fu idolo, fra gli altri, di Fiorello La Guardia che dichiarò che mai sarebbe potuto diventare Sindaco di New York se Arturo Giovannitti, non avesse ridato, con le sue azioni e opere, dignità e fierezza a tutti gli italiani d’America. 

  • NOTE DI REGIA:

la Drammaturgia dei Processi è da sempre contigua alla Storia del Teatro e, naturalmente, lo è stata ancor di più alla Storia del Cinema. Un’aula di tribunale ha sempre rappresentato di per sé un luogo di meta-teatro e un affascinante set.Una grande arringa, ha il potere di intrigarci, commuoverci, divertirci, istruirci, rinnovarci, fare progredire il senso della storia e del vivere comune. Come il migliore dei monologhi teatrali.

Per pathos, un’Autodifesa, può unire il meglio di una grande arringa e il meglio di un grande monologo. Chi si auto-difende è, infatti, egli stesso l’accusato e, se non ha determinata la convinzione di “vivere”, convincendo così la Corte, sa di rischiare in prima persona la pena che gli potrebbe essere inflitta.

L’Address to the Jury che Giovannitti pronunzio (il testo è, direttamente tratto dagli atti processuali) nella Salem Court House, racchiude in sé tutti gli elementi di una grande scrittura teatrale. È “un monologo” di tale intensità e nobiltà, che ogni grande drammaturgo vorrebbe scriverne uno così. E ogni grande attore, recitarne uno così. Giovannitti, nella sua magnifica autodifesa, si sa presentare e rappresentare, evoca, cita, argomenta, si addentra in semplici particolari che diventano idee universali.

Nel difendere se stesso, tiene sempre la barra dritta sul suo “essere uomo”, umile sì, ma che mai rinuncia alla fierezza delle sue idee. Con argomentazioni ora storiche, ora filosofiche, ora ideali, ora giurisprudenziali, denunciando paure, aspirazioni, emozioni, dubbi, rendendo omaggio al luogo da cui è partito e a quello in cui è approdato, dichiarando la sua innocenza e quella dei suoi compagni di prigionia, nella sua appassionata e argomentata arringa, il giovane sindacalista oratore dell’International Workers of the World, arrivato a Ellis Island appena diciassettenne dal Molise, dopo poco più di un decennio di vita nel Nuovo Mondo, riesce a farsi interprete della vita e delle emozioni dei nuovi popoli, immigrati nell’America del XX° secolo e delle loro istanze di conoscenza, pace, giustizia, solidarietà, dignità. La sua autodifesa diventa così un Autodafé (un atto di fede) per il genere umano tutto. Un messaggio universale valido per i suoi e i nostri tempi. Quello che ogni uomo di teatro vorrebbe della sua opera.

  • IL PROCESSO AD ARTURO GIOVANNITTI:

Oltre cento anni fa, nel gennaio 1912, nel cuore di un gelido inverno, in Massachusetts, iniziava lo sciopero alla Lawrence Textile, meglio noto come Bread and Rose’s Strike. Ci furono molti disordini e la giovane operaia tessile Anna Lo Pizzo, rimase uccisa negli scontri con la polizia. Come mandante dell’omicidio fu accusato il sindacalista Arturo Giovannitti, trasferitosi in America diciassettenne da un piccolo paese del Molise, testimone attivo delle tensioni e delle lotte sociali che si manifestarono nel nuovo mondo all’avvio del XX° Secolo.
Il Processo di Salem che ne seguì e lo coinvolse nel novembre dello stesso anno, insieme ad un’altro sindacalista italo americano come lui, Joseph Ettor,  anticipò quello ancor più noto di Sacco e Vanzetti. Per quella causa, Giovannitti divenne personaggio riconosciuto e sostenuto a livello internazionale. Durante e dopo il processo, fino agli anni ’20, la sua fama e quella di Joseph Ettor, anche lui ingiustamente accusato, assursero a un riconoscimento così universale, da esser paragonata dagli studiosi a quella di Lenin e Trotzki. Il loro caso, caduto con gli anni in oblio, per gli USA rappresenta il primo dei grandi processi del XX secolo e riscosse solidarietà e mobilitazione internazionale di operai, movimenti sindacali e stampa, di tutto il mondo.

  • CHI ERA ARTURO GIOVANNITTI:

Figlio di un mezzogiorno d’Italia post risorgimentale, cresciuto con ideali democratici che lo spronarono a dotarsi di spirito d’avventura e di una cultura fuori dal comune, il giovane emigrante molisano arrivato diciassettenne nel Nuovo Mondo, dopo la laurea in teologia conseguita alla Mc Gilles University di Montreal e dopo aver esercitato per un paio d’anni il pastorato evangelico fra i minatori della Pennsylvania, trasferitosi a New York alla Columbia University, fonda il primo giornale socialista americano, il Proletario. Subito dopo entra nell’IWW International Workers of The World, il sindacato anarchico, promotore del Bread and Roses’s Strike (lo Sciopero del Pane e delle Rose) di cui divenne uno dei più celebri e stimati attivisti ed oratori. Sopratutto, in una America percepita e ambita come faro di democrazia e progresso, ma che pure già rivelava le prime contraddizioni di reciprocità e integrazione, Arturo Giovannitti si fa poeta e cittadino del mondo “consapevole”, tanto da lottare poi, per tutta la vita, per i diritti civili, per la fratellanza dei popoli e il riscatto sociale ed economico delle classi lavoratrici; per i deboli e meno abbienti, di ogni razza e provenienza, diventando orgoglio vivente di quella fiera Cultura delle migrazioni di cui, ancora oggi, rappresenta uno dei più fulgidi esempi.

  •  IL TOUR USA:

Per il Centenario del Bread and Roses Strike.
Dopo il debutto al Teatro del LOTO, il 1° maggio del 2011, L’Autodafè del Camminante, è stato presentato l’anno successivo al Teatro Lo Spazio a Roma dove è stato anche oggetto di una ripresa integrale da parte di YOU DEM TV,  mandata in onda su piattaforma SKY il 1° maggio del 2012, per la Festa dei lavoratori.
Dopo una ripresa estiva chiusa a settembre a Vasto, per la Festa nazionale dell’IDV, e oltre 90 repliche in Italia, a novembre del 2012, su iniziativa promossa dal CGIE (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero), col patrocinio dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e della CGIL, lo spettacolo, in versione inglese, col titolo di The Walker Auto-da-fé, ha inaugurato l’11 novembre, al Calandra Italian American, Institute di New York una tournée di 10 recite, con due convegni, negli Stati Uniti e con repliche in 4 Stati del Nord Est, inclusa la Yale University.

Il 23 novembre, a 100 anni esatti dal Processo di Salem, a Lawrence (Massachusetts),  lo spettacolo chiude le celebrazioni del Bread and Rose’s Strike Centenary, con una performance di grande successo presso la Everett Mill, la fabbrica tessile (oggi Heritage culturale) dove a gennaio del 1912 iniziò lo sciopero più famoso d’America.